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The winner is… Nardu!

Per prima cosa vorrei precisare che l’idea di autoproclamarmi “intellettuale” mi mette in soggezione, mi sa di blasfemia, per cui preferisco definirmi “Nardo astratto cerebralista”, anche se in verità, per questioni di comodità, preferirei definirmi solamente “cerebralista”, ma poiché un autorevole candidato ha definito Nardu un «intellettuale stanco a forza di pensare e per questo di fatto inutile!», cederò alla lusinga e alla presunzione di autodefinirmi “intellettuale”, perdonatemi.
Un dubbio però mi assilla: a Casteltermini ha ancora senso definirsi intellettuali? Nel nostro bel paesino viviamo in un mondo semplice e furbo (smart), nel quale l’intellettualità è complicazione e lentezza; siamo nel regno della forza opposta alla ragione, della ragione che cede perché non può porre nessun argine all’attrazione del “non sapere” ammantato di cultura, del «Non ti ascolto tanto hai torto», del « Che cazzo ne vuoi sapere più di Google?». La questione che pongo non l’intendo come una critica, anzi, sono tutt’altro che ostile nei confronti della vostra modernità, in pratica venero internet, vi parlo attraverso internet, in special modo attraverso Facebook. Io? sì io! che sono morto nel 1948! e sono felice di vedere la mia effige in giro per i social del 2020, poi con la fascia sono bellissimo. Io sono Nardo, sono la poesia e come tale sono colui che ferma il tempo e che nel tempo si muove. Però credo che venga spontaneo chiedersi se ci sia ancora un posto, in una società come la nostra, per qualcuno che produce solo idee astratte e poco immediate, in una Casteltermini che si basa solamente sulle cose concrete e istantanee, sul «Quanti voti hai? Quanti soldi hai? Quale politico ti manda?».
Non voglio banalizzare i rischi della contemporaneità, sono convinto che la diffusione incontrollata della comunicazione in ogni sua forma e il proliferare della cultura di massa non sono in sé una condanna a morte, anche se l’avere vissuto durante il fascismo un po’ mi scoraggia, e che anche se siamo in un mondo in cui, oggi più che allora, tutto è sempre di più alla portata di tutti; col risultato che è facile perdersi e perdere interesse per quello che ci viene servito di fronte in ogni momento dalla rete. Montale, uno nato ai miei tempi, uno che ha avuto il Nobel, diceva: «Non è credibile che la cultura di massa per il suo carattere effimero e fatiscente non produca, per necessario contraccolpo, una cultura che sia anche argine e riflessione».
Di fronte all’innumerevole quantità di parole scritte sui social in questi giorni di elezioni, da cui siamo stati costantemente bombardati, ci vorrebbe veramente qualcosa che faccia da argine, e alle fondamenta di questo argine io metterei i miei fratelli “astratti cerebralisti”, sono sicuro che farebbero da anticorpo contro il dilagare della superficialità. Detto ciò credo che sia inutile interrogarsi ulteriormente sul destino di Casteltermini, non possiamo indovinarlo, così come del futuro non riusciamo ad indovinare nient’altro, e va benissimo così. Nicastro ha vinto? Viva Nicastro!
Come Nardo però mi sento in colpa: ho risvegliato alcune coscienze intellettuali, senza prima preoccuparmi di capire se hanno ancora un senso gli intellettuali nel nostro mondo? Probabilmente per molti rievocano ricordi polverosi di pomeriggi spesi a studiare Giacomo Leopardi o Arthur Schopenhauer, seguiti in età adulta da un disinteresse generico o magari da un’intolleranza vera e propria nei confronti di tutto ciò che si presenta in forma intellettualmente complessa. Diciamoci la verità: gli intellettuali sono molesti, non vanno di moda, sono lenti, compiaciuti delle loro parole incomprensibili. Credo che ogni candidato, anche il più sensibile alle arti, di fronte a Nardo abbia storto il naso.
Gli intellettuali sono fuori dal quotidiano, sono complessi, e diciamo la verità… noiosi, arroganti e schizzinosi. Mettono pressione ai politici, li imbarazzano con le loro parole difficili, pretendono tempo e attenzione da chi spesso è stanco e impegnato in cose serie, altro che poesia! Ma è proprio perché il nostro mondo è veloce e la nostra vita non può che cercare di stare al passo che, ogni tanto, fa bene confrontarsi con qualcosa che richieda uno sforzo e una concentrazione un po’ maggiori di quelli che occorrono per scorrere distrattamente qualche immagine sul telefono, mentre siamo impegnati a scrivere nostri edificanti post sui social. Mentre simpaticamente in qualche chat qualche cialtrone ci chiede di attaccare Nardo perché “Ci toglie i voti.!”. Il mio incubo peggiore è che i giovani, senza riflettere, si mettano ad obbedire ad una chat guidata da gente di fatto sconosciuta, più grande di loro e con interessi poco chiari, gente che Nardo… unn’alliscia, ca piglia, ‘nfascia, sfascia, metti a pipitusciu e poi ci piscia!
Il compito del Collettivo che porta il mio nome è di ricordarci che esiste qualcos’altro, tirarci fuori dalla quotidianità – non anestetizzandoci o offrendoci una banale via di fuga dalla realtà, ma risvegliando qualcosa che magari non ci siamo nemmeno resi conto si fosse addormentato – e metterci in contatto con la nostra terra, con questa maledetta amatissima Casteltermini. Ci ricorda che abbiamo un’anima, consapevolezza che troppo spesso lasciamo affondare sotto il peso delle mille cose che affollano le nostre giornate.
A volte bastano poche parole per evocare mondi dimenticati, mondi che sono stati preda dell’abbandono, a far vibrare qualche corda impolverata e pazza. Nardo sta provando a svegliarvi. Sappiate che a Nardo basta una frase per mettervi a confronto con le vostre coscienze: “Casteltermini ha più macerie oggi che dopo i bombardamenti della seconda Guerra Mondiale…” provate a smentirci. Vi vogliamo svegli al contrario di quasi tutto il mondo politico, il cui scopo sembra essere quello di narcotizzarvi. Il Collettivo Nardu Vitellaru è la risposta alla necessità di qualcosa di alto nella nostra comunità, è il rivolgersi ad una divinità più vera di qualsiasi altra perché è umana, a noi stessi! Volgiamo il pensiero ai ponti, alle fusioni, ai passaggi tra le menti che si agitano in questo disperato paese. Forse non sarà la soluzione a nessun problema… ma è la prova che siamo vivi e duri a morire.
Tutti a na vuci… The winner is… Nardu!
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