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L’artificio del fuoco

Le immagini sono di Francesco Galizia che ringrazio.
L’arte di fabbricare i fuochi d’artificio è molto antica, alcuni la fanno risalire addirittura ai Fenici, ma per le fonti più accreditate essa ha origine in Cina, da dove fu importata, nell’area del Mediterraneo, verso il XII Secolo dagli Arabi.La pirotecnia, ovvero l’arte di fabbricare i fuochi d’artificio, che bruciando producono particolari effetti luminosi, è molto suggestiva e affascinante ma al tempo stesso misteriosa e poco conosciuta.Questa tecnica in Europa fu introdotta e in parte codificata dal monaco tedesco Bertold Schwartz , verso la metà del XIII secolo,  il primo a impiegare la polvere da sparo nella formula ancora oggi utilizzata (75% nitrato di potassio, 15% carbone e 10% zolfo) per sparare un proiettile, mentre le prime fabbriche pirotecniche sorsero in Germania intorno al 1340 ad Ausburg, Spandau e Liegnits.Nel 1535 il trattato “De la Pirotechnia” di V. Biringuccio, descrive sia gli artifici usati per scopo di guerra sia quelli impiegati in occasioni di festeggiamenti, in quanto anticamente gli artificieri militari, dovevano provvedere anche alla fabbricazione di fuochi da accendere durante gli spettacoli per celebrare la vittoria. In seguito l’impiego di fuochi d’artificio si estese anche ad altre feste, come quelle sacre e ad altre occasioni profane.Nel Secolo XVII due furono le scuole di fuochi d’artificio più importanti, quella di Norimberga e quella italiana, che si specializzò, ben presto, nella fabbricazione di fuochi artisticamente elaborati, capaci di produrre effetti scenografici molto spettacolari.Agli inizi del XVIII Secolo, ebbero grande rinomanza i pirotecnici italiani Ruggieri, padre e figlio, di Bologna, i quali eseguirono a Parigi i fuochi pirotecnici che ancora si dicono i più belli e splendenti che si siano mai visti.

Oggi, la fabbricazione di fuochi d’artificio, è opera di artigiani specializzati, che spesso si tramandano il mestiere di generazione in generazione.I fuochi pirotecnici sono entrati a far parte delle tradizioni delle nostre feste, associati allo svolgimento di importanti funzioni religiose come le Processioni. <<Nobile, rischiosa e aristocratica l’arte del fuoco, progetto che si distrugge nel momento spettacolare di mostrarsi nella ricchezza oracolare delle sue meravigliose articolazioni di colori, ritmi, disegni, prospettive miracolose, rappresenta il mistero della creazione, il grandioso e l’effimero, l’eterno e il mutevole in tutto il suo spietato lirismo iconoclasta. Resta comunque l’arte più ammirata e la meno conosciuta. Tutte le arti si sono costruite un mondo, teorie, regole, storia. I fuochi marciano nel tempo del silenzio.>>, così la definisce Francesco Nicassio nel suo “Fuochi pirotecnici” (1999)I fuochi pirotecnici fanno storicamente parte della cultura e dei rituali siciliani. Pensiamo alla Festa di Santa Rosalia, Patrona della Città di Palermo. ‘U Fistìnu’, il tradizionale Corteo storico, un mix di folklore e religione che trova il suo culmine proprio nei tradizionali fuochi d’artificio; consideriamo il consueto spettacolo pirotecnico che a Messina incanta migliaia di persone e che conclude la festa dedicata alla venerata Maria; ancora Catania, con il suo grandioso spettacolo di fuochi artificiali in piazza Duomo, degna conclusione della festa della patrona S. Agata. Insomma in Sicilia non c’è festa importante, che sia dedicata ad un santo, che non si concluda con i fuochi d’artificio. Questa è la nostra tradizione, queste sono sempre state le nostre feste.E i fuochi d’artificio sono sempre affascinanti e al tempo stesso misteriosi, sì perché esistono pochi libri che spiegano come si fabbricano o come si sparano i fuochi d’artificio, tutto è racchiuso nelle mura di cinta della fabbrica: le teorie, le formule, i segreti, una tradizione orale, visiva e manuale inaccessibile a tutti e che si trasmette soltanto di padre in figlio.I fuochi hanno molte funzioni. Dalle più semplici, come quella di permettere la partecipazione simbolica a tutti quelli che, non potendo raggiungere il paese, si accontentavano di vedere lo spettacolo, al quale comunque contribuivano economicamente attraverso le famiglie, da lontano; quello di avvertimento di “apertura della festa”, di solito colpi singoli e distanziati tra loro, intellegibili a tutti e che, ancora una volta, servivano agli abitanti del contado per avere certezza dell’inizio della festa. Vi sono funzioni più complesse, per questioni di brevità citiamo le più comuni. Leggiamo in “Le fiamme dei santi” di Ignazio E. Buttitta (Sellerio, Palermo, 1999) <<L’uso simbolico del fuoco era inteso a determinare la rigenerazione della natura. In quanto elemento di rigenerazione il fuoco detiene un valore purificatorio […].La rigenerazione ha simbolicamente a che fare con la fertilità, intesa sia in senso ampiamente metaforico (della comunità, della vita, economica…) sia, stricto sensu, legata alla produzione dei campi, che devono essere fertili per definizione, così da garantire la sopravvivenza alla Comunità.

I fuochi artificiali sono generalmente chiamati dalle nostre parti masculiata (o maschiata), apprendiamo da Gaetano Basile che il termine <<masculiata indica il gran finale del gioco di fuoco, o sparo continuo di mortaretti, da masculu (o maschettu), che è il mortaretto>> (Gaetano Basile – Dizionario Sentimentale della Parlata Siciliana, Dario Flaccovio Editore, Palermo, 2009).I fuochi d’artificio sono quindi parte essenziale di antichissimi riti di fertilità e, non a caso, il loro andamento imita quello del coito, cominciano con una serie di colpi isolati, accelerano uniformemente e terminano <<in gloria con la solita orgasmica masculiata finale>>, come scrive Santo Piazzese in “I delitti di via Medina-Sidonia” (Sellerio, Palermo, 1996).Un’altra ipotesi li vorrebbe complici nello stimolare la piovosità dell’inverno, indispensabile nella produzione agricola. La volta celeste resa feconda grazie ad una inseminazione dell’elemento opposto all’acqua, il fuoco appunto (in e yang, maschio e femmina), che parte dalla terra e dagli uomini.I fuochi artificiali ci ricordano infine la caducità della vita degli uomini: brilliamo e strepitiamo per un breve tempo, poi ci perdiamo nel buio alla fine di una tremolante parabola discendente.

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