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Quando a Casteltermini si faceva la “vecchia”

La vecchia

Quando ero piccolo ero un bambino camurrusu. Un giorno, venuto in possesso di uno specchietto, ho cominciato fare riflettere i raggi del sole e inclinandolo ho proiettato il cerchio di luce nel muro di fronte, facendolo muovere vorticosamente. In questo movimento mi sono permesso un passaggio sopra mia nonna Marietta, che si è messa ad urlare: «Non fare la vecchia! Non fare la vecchia!». In un primo tempo non ho afferrato, poi ho capito che la vecchia era proiettare il raggio riflesso addosso ad una persona, ancor di più sugli occhi dove dà più fastidio.

Le altre vecchie

Di recente ho provato a capire perché mia nonna, ahimè più di quaranta anni fa, diceva così. In molte regioni il significato di fare la vecchia rimanda a una moltitudine di gesti riconducibili tutti quanti a un’azione volta ad “infastidire” qualcuno, cioè fargli uno scherzo, più o meno bonariamente. Dare fastidio proprio come quanto il riflesso dello specchio viene fatto balenare sugli occhi. In Piemonte fare la vecchia indica, o forse sarebbe meglio dire indicava, il dare una ginocchiata sulla coscia di qualcuno, è una fattispecie discutibile di scherzo, quando uno meno se lo aspettava, gli si affibbiava una ginocchiata sulla coscia. «Perché zoppichi?» Risposta:«Mi hanno fatto la vecchia!». Quindi fare la vecchia ha in molte regioni un significato generale: dare fastidio; uno particolare dalle nostre parti: proiettare il raggio riflesso sugli occhi di una persona, cosa davvero fastidiosa.

La vecchia, lo specchio e la superstizione

Mia nonna Marietta dava però alla “vecchia” anche una connotazione superstiziosa, «non fare la vecchia perché porta male». Di questo secondo termine della questione poco si trova, se non di carattere generale legato alle credenze e superstizioni inerenti allo specchio. Anticamente per esempio si credeva che esso fosse in grado di catturare l’anima della persona che vi rifletteva la propria immagine. Collegato a questa credenza è il pensare che romperlo porti sette anni di disgrazie. È come se si istituisse una correlazione tra l’immagine della persona che va in frantumi e il male che può colpire la persona stessa. Per evitare di incorrere nella sfortuna in molte regioni si è soliti gettare in mare o in un fiume i frantumi dello specchio, attribuendo all’acqua un potere di purificazione dal male. Da ricordare che è usanza popolare quella di coprire o capovolgere gli specchi che si trovano nella casa di una persona morta. Questo perché si ritiene che l’anima del defunto possa rimanere intrappolata e in questo modo non può passare nella dimensione ultraterrena. Niente a che vedere con il nostro riflesso e la nostra “vecchia”. Il fatto invece che tale sfortuna debba durare sette anni risalirebbe agli Antichi Romani, che erano convinti che anima e corpo si rigenerassero completamente ogni sette anni, quindi ogni eventuale rottura (dell’anima e dello specchio) prima di tale scadenza avrebbe significato dover convivere col proprio “karma negativo” fino alla nuova rinascita.

Cosa c’entri il riflesso di uno specchio con la vecchia rimane un mistero…

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