Luigi Pirandello
La vita di Luigi Pirandello è l’«involontario soggiorno sulla terra» di un «figlio del caos», come egli stesso, scherzando, amava definirsi.
Nasce infatti Luigi Pirandello il 28 giugno 1867 nella villa detta Caos nei pressi di Girgenti (oggi Agrigento). La famiglia, di tradizione garibaldina e antiborbonica, è proprietaria di alcune zolfare. Dopo gli studi liceali compiuti a Palermo, rientra nel 1886 a Girgenti, dove affianca per breve tempo il padre nella conduzione di una miniera di zolfo e si fidanza con una cugina (rompendo in seguito il fidanzamento). Si iscrive prima all’università di Palermo, poi passa alla Facoltà di Lettere dell’università di Roma, ma a causa di un contrasto con il preside, il latinista Onorato Occioni, si trasferisce all’università di Bonn, dove nel 1891 si laurea in Filologia romanza con una tesi dialettologica. Intanto ha già esordito come poeta con Mal giocondo (1889) e con Pasqua di Gea (1891), raccolta che dedica a Jenny Schulz-Lander, di cui a Bonn si è innamorato.
Nel ’92, fermamente deciso a dedicarsi alla sua vocazione letteraria, si stabilisce a Roma, dove vive con un assegno mensile del padre. Nell’ambiente letterario della capitale conosce e stringe amicizia con il conterraneo Luigi Capuana, che lo spinge verso il campo della narrativa. Compone così le prime novelle e il suo primo romanzo, uscito nel 1901 con il titolo L’esclusa. Non abbandona tuttavia la poesia: escono nel ’95 le Elegie renane, nel 1901 Zampogna, e nel 1912 Fuori di chiave, la sua ultima raccolta poetica. Nel 1894 sposa a Girgenti, con matrimonio combinato tra le famiglie, Maria Antonietta Portulano, figlia di un ricco socio del padre. Si stabilisce definitivamente a Roma, dove nascono i tre figli Stefano (1895), Rosalia (1897) e Fausto (1899).
Pirandello vive sempre con disagio il rapporto con la fragile e inquieta moglie, avvertendo il forte peso delle norme comportamentali risalenti alle radici siciliane. Inizia una fitta collaborazione con diversi giornali e riviste letterarie, sulle quali pubblica una ricca e vasta produzione narrativa che trova consensi presso il pubblico, ma indifferenza da parte della critica. Scrive il romanzo Il turno (edito nel 1902) e lavora ai suoi primi testi teatrali che per allora non riescono a raggiungere le scene. In opposizione all’estetismo e al misticismo dominanti fonda con Ugo Fleres e altri amici un settimanale letterario dal titolo shakespeariano «Ariel». Dal 1897 al 1922 insegna, senza entusiasmo ma con grande dignità, stilistica italiana presso l’Istituto Superiore di Magistero di Roma.
Nel 1903 l’allargamento di una miniera di zolfo causa alla famiglia Pirandello un grave dissesto economico: il padre Stefano perde insieme al proprio capitale anche la dote della nuora. In seguito alla notizia dell’improvviso disastro finanziario, Antonietta, già sofferente di nervi, cade in una gravissima crisi che durerà per tutta la vita sotto forma di grave paranoia. Vani saranno i tentativi di Pirandello di dimostrare che la realtà non è come invece pare alla moglie. Abbandonata la tentazione del suicidio, Pirandello cerca di fronteggiare la disperata situazione, assistendo Antonietta (che verrà internata in una casa di cura solo nel 1919); e per arrotondare il magro stipendio universitario, impartisce lezioni private e intensifica la sua collaborazione a riviste e a giornali.
Nel 1904 Il fu Mattia Pascal, pubblicato a puntate sulla «Nuova Antologia», riscuote un successo tale che uno dei più importanti editori del tempo, Emilio Treves di Milano, decide di occuparsi della pubblicazione delle sue opere. Nel 1908 pubblica due volumi saggistici Arte e scienza e L’Umorismo, grazie ai quali ottiene la nomina a professore universitario di ruolo. Nel 1909 inizia la sua collaborazione, che durerà fino alla morte, al «Corriere della Sera», su cui appaiono via via le sue novelle; e pubblica la prima parte del romanzo I vecchi e i giovani (la seconda esce in volume nel 1913). Nel 1911 esce il romanzo Suo marito. Scrive anche alcuni soggetti cinematografici, mai realizzati; mentre nel 1915 pubblicherà il romanzo Si gira… Nel 1915-’16 inizia la sua prodigiosa e intensa attività teatrale, che darà vita a dibattiti e discussioni in Italia e all’estero.
Proprio negli anni della grande guerra, (vissuti drammaticamente anche per la perdita della madre e per la partenza dei figli per il fronte), scrive alcune celebri opere: Pensaci Giacomino!, Liolà (1916), Così è (se vi pare), Il berretto a sonagli, Il piacere dell’onestà (1917), Ma non è una cosa seria e Il gioco delle parti (1918). Nel 1918 esce il primo volume delle Maschere nude, titolo sotto cui raccoglie i suoi molteplici testi teatrali. Nel 1920 il teatro pirandelliano con Tutto per bene e Come prima, meglio di prima, si afferma pienamente, e a partire dall’anno successivo raggiunge il grande successo internazionale con il capolavoro Sei personaggi in cerca d’autore. Abbandonata la vita sedentaria degli anni precedenti, Pirandello vive e scrive negli alberghi dei più importanti centri teatrali sia europei che americani, curando personalmente l’allestimento e la regia delle sue opere. In questi stessi anni il cinema trae diversi film dai suoi testi teatrali e narrativi, di cui continuano a uscire ristampe e nuove edizioni.
Nel 1922 esce il primo volume della raccolta Novelle per un anno presso l’editore Bemporad. La sua produzione teatrale prosegue con Enrico IV e Vestire gli ignudi (1922), L’uomo dal fiore in bocca (1923), Ciascuno a suo modo (1924), Questa sera si recita a soggetto (1930). Nel 1924 si iscrive formalmente al partito fascista, da cui ottiene appoggi e finanziamenti per la compagnia del Teatro d’Arte di Roma che, sotto la direzione dello stesso Pirandello, porta per tre anni (fino al 1928) il teatro pirandelliano in giro per il mondo. L’interprete per eccellenza delle sue scene è la “prima attrice” Marta Abba, a cui Pirandello si lega anche sentimentalmente. Nel 1926 esce in volume il romanzo Uno, nessuno e centomila, ultimo romanzo, frutto di una lunga gestazione, (Bemporad, Firenze), intessuto di interrogativi che il protagonista rivolge direttamente al lettore, per coinvolgerlo in una vicenda “universale”, un riepilogo di tutta l’attività, narrativa e teatrale dell’autore. Il dramma La nuova colonia (1928) inaugura l’ultima stagione pirandelliana, quella fondata sui «miti» moderni, che culmina nell’opera incompiuta I giganti della montagna. Nel 1929 è nominato membro dell’Accademia d’Italia, dove nel ’31 commemora Verga.
Nel 1934 riceve il premio Nobel per la letteratura. Si ammala di polmonite, mentre segue le riprese a Cinecittà di un film tratto da Il fu Mattia Pascal. Muore nella sua casa romana il 10 dicembre 1936. Esce postuma l’edizione definitiva delle Novelle per un anno.
L’inquietudine e una solitudine a tratti disperata, che sono la costante della sua esistenza, insospettabili in un uomo di tale successo, vengono analizzate nell’articolo Il segreto di un Nobel italiano, che prende in esame le pagine di alcuni biografi: fra tutti, Andrea Camilleri, che bene la descrisse nel suo libro Biografia del figlio cambiato.
I vecchi e i giovani
«Romanzo della Sicilia dopo il 1870, amarissimo e popoloso romanzo, ov’è racchiuso il dramma della mia generazione», come ebbe a dire lo stesso Pirandello, I vecchi e i giovani (1913) è un’autobiografia pubblica, l’impietosa denuncia del carattere illusorio degli ideali postrisorgimentali. Ambientato a Girgenti ma con un intermezzo romano, abbraccia gli anni dal 1892 al 1894: un periodo cruciale della storia italiana, segnato dallo scandalo della Banca Romana, che travolge parlamentari e ministri, e dalla nascita, crescita e sanguinosa repressione dei Fasci siciliani, un movimento di operai, braccianti e mezzadri che si batte contro l’aspro fiscalismo e per la spartizione delle terre demaniali. Dal conflitto generazionale, cui allude il titolo, escono sconfitti sia i vecchi, che incarnano i valori risorgimentali per cui hanno coraggiosamente combattuto, sia i giovani, delusi dal tradimento da parte dello stato unitario delle speranze di rinnovamento politico e sociale. Il provvidenzialismo storico di Manzoni è lontano (ma non il suo modello letterario), mentre spicca la consonanza con lo scetticismo dei veristi siciliani, il Verga del Mastro-don Gesualdo e, più ancora, il De Roberto dei Viceré e dell’Imperio