Vai al contenuto

Philip Roth e la Pastorale americana

Philip Roth

VITA E OPERE

Cresciuto in una famiglia ebraica della piccola borghesia, fu studente brillante; conseguita la laurea in letteratura inglese, insegnò per breve periodo presso l’università di Chicago. Nel 1959, abbandonata la carriera universitaria, esordì con Goodbye, Columbus (trad. it. 1960), volume di racconti ambientati in una comunità ebraica contemporanea in cui affiorano segni di decadimento. Sullo stesso sfondo si muovono i personaggi dei successivi romanzi, Letting go (1962; trad. it. 1965) e When she was good (1966; trad. it. 1970), opere interlocutorie che preludono al grande successo di Portnoy’s complaint (1969; trad. it. 1970), commedia dissacrante e grottesca che gli alienò per lungo tempo le simpatie della comunità d’origine. Dopo aver allargato la sua corrosiva satira ad altri aspetti della società statunitense (Our gang, 1971, trad. it. Cosa bianca nostra, 1972; The breast, 1972, trad. it. 1973; The great American novel, 1974, trad. it. 1982; My life as a man, 1974, trad. it. 1976), a partire da The professor of desire (1977; trad. it. 1978) R. ha spostato progressivamente la sua attenzione sulla figura dello scrittore contemporaneo e sulle sue disillusioni, ponendola al centro di una saga caratterizzata da spunti autobiografici ed elementi di autoriflessione: The ghost writer (1979; trad. it. 1980); Zuckerman unbound (1981; trad. it. 1981); The anatomy lesson (1983; trad. it. 1986); The Prague orgy (1985; trad. it. 1987); The counterlife (1987; trad. it. 1988); The facts: a novelist autobiography (1989; trad. it. 1989); Operation Shyloch: a confession (1993; trad. it. 1993); American pastoral (1997; trad. it. 1999), per il quale ha vinto il premio Pulitzer nel 1998; I married a communist (1998; trad. it. 2002); The human stain (2001; trad. it. 2003); The plot against America (2004; trad. it. 2005); Everyman (2006; trad. it. 2007); Exit ghost (2007, trad. it. 2008). Tra le sue opere più recenti occorre ancora citare: Indignation (2008; trad. it. 2009), vicenda di disperazione e inesperienza ambientata al tempo della guerra di Corea, che ha suscitato pareri discordi tra i critici; The humbling (2009; trad. it. 2010), in cui torna a indagare i nodi problematici dell’esistenza; Nemesis (2010; trad. it. 2011), romanzo che si svolge negli anni Quaranta del Novecento durante una epidemia di poliomielite. Nel 2011 è stato insignito del prestigioso Man booker international prize. Nel 2012 Roth con una lettera al New Yorker ha contestato la voce scritta su di lui presente nell’enciclopedia libera Wikipedia in cui veniva identificato con lo scrittore Anatole Broyard il personaggio di The human stain, mentre lo scrittore sostiene di essersi ispirato a una vicenda negativa successa al suo amico sociologo M. Tumin. Roth ha polemizzato con Wikipedia soprattutto perché la voce non è stata corretta nonostante la sua richiesta; l’enciclopedia on-line ha modificato la voce solo dopo l’uscita dell’articolo sul New Yorker. L’autore statunitense, che nel 2012 ha annunciato il suo addio alla narrativa, ha pubblicato nel 2017 il volume Why write?, che compendia tutta la sua produzione saggistica; nello stesso anno è stato edito in Italia sotto il titolo Romanzi 1959-1986 il primo di tre volumi dedicati ai suoi testi narrativi.

Pastorale americana

Pastorale americana di Philip Roth è stato il libro che mi è forse stato consigliato più di ogni altro, da tutti: condizione sufficiente per cui il mio giudizio, talmente galvanizzato, risultasse leggermente al di sotto dell’entusiasmo che lo ha accompagnato. Invece, se oggi dovessi elencare i cinque libri più belli che io abbia mai letto, Pastorale Americana troneggerebbe nella sua austerità, linearità e nel suo mistero. Non che io stia parlando di una cosetta: è il Pulitzer 1997. Però è un libro che ti cambia qualcosa. A livello umano, e a livello di scrittura.

Pastorale Americana è una famiglia che brucia

Come suggerisce la copertina italiana, ma non come fa intendere la quarta: lì è lo Svedese, protagonista del racconto, “nome magico” dell’infanzia dello scrittore, la cui vita si snoda in un arco di tempo delicatissimo per l’America Moderna, dagli anni ’50 agli anni ’80 del ‘900. Quello in cui Roth eccelle, però, è allargare il quadro. Ok lo Svedese, certo, d’accordo la figlia Merry, ma la moglie Dawn, e Rita Cohen? E suo padre, e la fabbrica? E gli anni ’60?

E l’American Dream?

Microstoria e macrostoria s’incontrano divinamente nel testo

Nel tentativo di comprendere una rabbia generazionale di cui la figlia del protagonista, Merry, è l’incarnazione. La loro rabbia è il combustibile, pensa lo Svedese, uno su cui tutti, da ragazzi, avevano scommesso la “fiche” del successo. Lo Svedese, quel campione di basket, che sposò quella meravigliosa Dawn, che prese con successo le redini dell’azienda del padre.

In Pastorale Americana però il successo non esiste

Il libro tutto, forse, è una riflessione sulle possibilità che ti leva l’essere al mondo, per l’essere venuto al mondo a quel modo. E d’altra parte la costruzione dei personaggi non è da meno. Nessun personaggio vive a due dimensioni: c’è chi dà fuoco alle cose, chi tradisce, chi rifà la casa sedurre l’architetto, chi è troppo ubriaco per capire. Tutti disfano. Ardentemente.

“Non dimentichiamo l’energia”

È l’inizio del discorso della 45° riunione degli allievi della scuola che Nathan Zuckerman, lo scrittore fittizio del romanzo, non tenne mai. È la riflessione che chi legga Pastorale Americana si porta dietro. L’energia che si respira tra quelle pagine sarebbe necessaria a far bruciare non un supermercato, ma un intero continente. È una scrittura precisa, affilata, arrabbiata, una scrittura che non si dà pace, di un uomo che non capisce.

Ma Pastorale Americana è un libro che non ti spiega

È come tutti i migliori libri: non ti spiega, ti racconta e basta. Entra in una vicenda, ne accarezza i protagonisti, accenna, e poi ti ci butta a capofitto, ti fa sguazzare nelle ragioni e nelle storie personali. C’impiega quasi 500 pagine, Roth, a spiegarsi il perché. Il romanzo, però si chiude con l’unico finale che un essere umano possa concepire: una domanda.

(Fonti: https://www.treccani.it/enciclopedia/philip-roth/

https://ilmiolibro.kataweb.it/articolo/scrivere/247257/pastorale-americana-ecco-perche-dopo-averlo-letto-non-sarete-piu-gli-stessi/)

seguici anche su:

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Social media & sharing icons powered by UltimatelySocial